Lo stretching è una delle pratiche più discusse — e spesso fraintese — del mondo del fitness. C’è chi lo fa sempre, chi mai, chi solo alla fine dell’allenamento. Ma c’è una domanda fondamentale da porsi: quando serve fare stretching statico e quando è meglio quello dinamico?
Per rispondere in modo chiaro e basato sull’evidenza scientifica, analizziamo i due approcci, i loro effetti fisiologici e quando e perché integrarli in un programma di allenamento efficace.
1. Stretching statico: cos’è, a cosa serve e quando evitarlo
Lo stretching statico consiste nel mantenere una posizione di allungamento per un periodo prolungato, generalmente tra 15 e 60 secondi. È il classico stretching che si fa “da fermo”, con l’obiettivo di migliorare la flessibilità muscolare e rilassare le tensioni post-attività fisica.
Benefici principali:
- Aumenta l’escursione articolare nel lungo termine
- Rilassa la muscolatura
- Riduce la tensione post-esercizio
- Aiuta nella fase di defaticamento
Quando NON farlo:
Diversi studi (es. Simic et al., Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports, 2013) hanno evidenziato che fare stretching statico prima di un allenamento di forza o potenza può ridurre temporaneamente la capacità muscolare di esprimere forza, fino al 5-10%.
Conclusione?
Lo stretching statico va riservato al post-allenamento, o a sessioni dedicate alla mobilità/funzionalità.
2. Stretching dinamico: l’alleato del riscaldamento
Lo stretching dinamico si basa su movimenti attivi e controllati che portano le articolazioni verso l’estensione completa, ma senza mantenere la posizione. Si esegue in movimento, spesso integrato in una routine di riscaldamento.
Esempi: slanci delle gambe, circonduzioni delle braccia, affondi con torsione, squat con braccia in alto.
Benefici principali:
Aumenta la temperatura muscolare e la vascolarizzazione Migliora la coordinazione neuromuscolare Potenzia la mobilità attiva Prepara il corpo a movimenti sportivi o intensi
Quando farlo:
È ideale prima dell’allenamento, specialmente se si prevede un’attività esplosiva, tecnica o intensa.
Numerose ricerche confermano che lo stretching dinamico non riduce la forza e può migliorare la performance, in particolare negli sport che richiedono velocità e reattività.
3. Stretching prima o dopo l’allenamento? La risposta dipende dall’obiettivo
Non esiste un’unica regola valida per tutti: lo stretching va inserito nel piano di allenamento in base a ciò che si vuole ottenere. Se l’obiettivo è preparare il corpo all’attività, aumentare la mobilità articolare attiva e ridurre il rischio di infortuni, lo stretching dinamico è la scelta giusta e va fatto prima dell’allenamento, come parte del riscaldamento. Se invece l’obiettivo è migliorare la flessibilità a lungo termine, ridurre la tensione muscolare o favorire il recupero, allora conviene optare per lo stretching statico, da eseguire dopo l’allenamento, quando i muscoli sono già caldi. Inserire lo stretching nel momento sbagliato può ridurre la performance o risultare poco efficace, quindi è fondamentale adattarlo al contesto e agli obiettivi specifici di ciascun allenamento.
4. Conclusione: scegli lo stretching giusto per il momento giusto
Lo stretching non va demonizzato né esaltato in modo indiscriminato: va contestualizzato.
- Statico? Ottimo per aumentare la flessibilità a lungo termine e per scaricare le tensioni dopo il workout.
- Dinamico? Fondamentale per preparare il corpo all’azione, migliorare il controllo motorio e ridurre il rischio di infortuni.
Per chi si allena con costanza e ha obiettivi precisi, imparare a integrare correttamente entrambi i tipi di stretching è un vantaggio concreto, non solo per la performance, ma anche per la salute articolare e muscolare a lungo termine.
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